GIOVANNA: 25 anni
Giovanna non ci pensava quando colorava un disegno con Marco o leggeva una favola a Elena, mentre gli altri bimbi la chiamavano, tutti insieme, maestra, maestra! Allo scampanellio di fine lezione, invece, immediatamente tornava col pensiero a casa, a quello che avrebbe trovato ad aspettarla.
Erano troppo pochi quei sei chilometri che percorreva ogni giorno avanti e indietro per raggiungere la scuola materna, e, se all’andata li faceva scivolare via veloci, spingendo quasi a tavoletta sull’acceleratore, al ritorno avrebbe voluto moltiplicare quella distanza all’infinito.
Aveva solo 25 anni, e le sembrava di essere già vecchia.
Pensava a sua mamma e al risentimento che nutriva verso quell’uomo sposato troppo giovane e che le aveva subito scaricato addosso tutte le responsabilità della famiglia.
Ora lo manteneva lei, il suo papà.
A volte si sentiva in colpa per l’odio che provava per lui, ma sua madre, in punto di morte, le aveva fatto promettere che non l’avrebbe abbandonato.
Prima di uscire, quella mattina, dopo averlo sollevato di peso dal pavimento, dove giaceva semi-incosciente, lo aveva scaraventato sul divano con una rabbia e una forza insospettabile in una donna minuta come lei. Fortuna che era piccolo e magrissimo, altrimenti non ce l’avrebbe fatta mai. Non mangiava nulla, suo padre, e se non era ubriaco, aveva fumato o sniffato, la sua percezione della realtà era alterata, sempre.
Quella sera, si era assopita davanti alla tv, quando, alle quattro, la sua voce l’aveva svegliata: parlava al telefono con qualcuno e biascicando sembrava rassicurarlo sui seicento euro che gli doveva da tempo.
Anche a Rocco, il suo fidanzato, aveva chiesto dei soldi, mai restituiti e lui, capito in quale trappola era finito, era quasi scappato, già pochi mesi dopo che si erano conosciuti. Eppure all’inizio, le aveva giurato amore eterno. E aveva anche cercato di aiutarla in tutti i modi, alla fine però aveva ceduto e le aveva dato un ultimatum: o lui o il padre.
L’unica cosa buona della sua vita era il lavoro: era cresciuta in fretta e ora stare con i bambini le restituiva un’infanzia mai vissuta. Le dava la sensazione di essere a sua volta ancora bambina, forse, quella stessa che, appena aveva avuto coscienza di sé e della sua condizione, aveva pensato che l’unico modo per salvarsi, per salvare sua madre, fosse uccidere suo babbo.
Poi, la mamma l’aveva lasciata da sola con lui, e ora si meravigliava di come la rabbia per quel padre smarrito si stesse sciogliendo in un sentimento nuovo, la pietà.